Gli itinerari

Ultima modifica 5 dicembre 2017

Casteddu
Chi percorre la Strada Statale 597 non può ignorare il suggestivo picco del Monte Acuto sul quale nel medioevo fu costruito l’omonimo castello, di cui poco oggi rimane. La zona merita l’attenzione dei visitatori non solo per l’importanza archeologica e storica ma anche per il fascino naturalistico. Per raggiungerla dal paese si segue la via Pietro Casu, si prosegue sulla strada che porta al lago Coghinas e poi si prende il bivio per Fioridas; dopo circa 1 km, a destra, si percorre a piedi un breve sentiero sino ad una tanca dominata da un grosso masso granitico denominato Sa Pedra Iscritta, “la pietra scritta” perché presenta 36 strane forme geometriche che sono state oggetto di studio. Gli esperti pensano che la roccia fosse utilizzata in periodo nuragico per cerimonie religiose perché negli incavi sono stati trovati frammenti di un’anfora votiva e a pochi metri esiste un pozzo (forse un pozzo sacro) ricoperto da un grosso cespuglio nel quale sono stati trovati cocci probabilmente nuragici. Secondo un’altra ipotesi potrebbe essere una carta topografica dove i segni geometrici rappresenterebbero i limiti tra le proprietà. Nella stessa area sono presenti tafoni, piccole grotte naturali, un pavimento in pietra, s’impedradu destinato a s’alzola, l’aia utilizzata per la trebbiatura del grano e dell’orzo: tutti segni della presenza umana sin dall’antico passato. Lungo il percorso verso i ruderi del castello si erge un maestoso dolmen e a breve distanza un menhir. Tutto intorno macchie di rovo, corbezzolo e lentisco si alternano a rocce granitiche formando una fitta volta verde dove la luce non penetra che a sprazzi lasciando intravedere i resti delle cinte murarie del castello che si spingono fino alla cima del colle. Il luogo, aspro ma bellissimo, si erge sulla pianura bagnata dal fiume Silvani e abbraccia un ampio territorio che prende il suo nome: il Monte Acuto. Della fortificazione, un tempo sicuramente imponente, oggi rimane pochissimo: una cisterna all’interno della quale si legge ancora “Año 1635”, data riferita alla dominazione spagnola, e tracce di altri ambienti. Il castello fu edificato probabilmente nel secolo XI su fortificazioni precedenti preistoriche, romane e del primo periodo medioevale; fu utilizzato dai giudici di Torres come difesa del territorio nei confronti del confinante giudicato di Gallura e per il controllo dei transiti di uomini e merci nella sottostante pianura. A partire dalla seconda metà del XIII secolo fece parte dei possedimenti pisani, genovesi, arborensi, catalani. Fu residenza, seppur breve, della giudicessa Adelasia di Torres, di esponenti della nobiltà logudorese e di ecclesiastici. Fu abbandonato, come altre fortezze, quando la Sardegna fu pacificata e unificata sotto la dominazione catalana.

Su Pisciale
All’ingresso del paese si imbocca la Provinciale per Calangianus e si prosegue sino alla località Terramala, distante circa 8 km. Per giungere sul sito si percorre una carrareccia che costeggia il fiume e attraversa una proprietà privata il cui cancello non sempre è aperto. Il corso d’acqua che da Punta Bandiera scende attraverso un’aspra valle verso la pianura è nominato Riu Carraccana. Si incunea nello stretto fondovalle fra Mont’Alvu e Monte Nieddu e giunge alla regione Alinedu da cui prende il nome nel suo tratto inferiore. Il torrente forma diversi salti, il più spettacolare dei quali è quello di Su Pisciale, di oltre 20 metri. Il nome appare piuttosto improprio di fronte al fascino della cascata, che suscita suggestive emozioni. È questo un luogo intensamente selvaggio, isolato e solitario, ma pulsante di vita data dall’acqua che, in primavera (è questo il momento migliore per l’escursione), cade spumeggiante da una parete ricoperta da muschi e licheni sino a perdersi in una trasparente piscina. Il territorio, impervio, ricco di vegetazione e di rocce granitiche, era anticamente abitato dai Balari, la bellicosa popolazione che aveva fronteggiato con balentia l’esercito romano. Non lontano, su un’altura presso Terramala denominata S’Iscala Serrada, si possono ammirare ancora oggi i resti della muraglia megalitica che divideva la pianura dalla montagna, le popolazioni romanizzare da quelle indigene. La fortificazione è nota come Su Casteddu.
 

Il seguente interessante e valido documento è stato realizzato nell'anno scolastico 1996 - 1997 dai ragazzi della III^ A della scuola media Pietro Casu di Berchidda, con la supervisione e il coordinamento della Prof. Maddalena Corrias. Il Servizio Cultura del Comune di Berchidda con la collaborazione dell'Operatrice Bibliotecaria ha ritenuto opportuno pubblicare e segnalare questo materiale , tramite il sito istituzionale a quanti visitatori e non sono interessati al patrimonio storico, artistico e culturale del nostro paese.
 

ITINERARIO ROSSO (Abialzos, Santa Caterina, Sant'Andrea, Su adu 'e su juru)

Abialzos è una bellissima zona nuragica ad oriente del nostro paese; ci si arriva imboccando la strada provinciale per Calangianus. Nell'antichità questa zona era abitata dai Balari, popolo fiero e bellicoso che diede del filo da torcere anche ai potentissimi conquistatori romani. Intorno al colle si ergono grossi massi granitici tra i quali si possono osservare numerosi tafoni, anfratti naturali in genere di granito chiusi da muretti a secco di varia altezza. Questi, in periodo nuragico erano usati sia come sepoltura collettiva che individuale; i morti venivano sepolti o direttamente o dopo scarnificazione. Gli uomini che utilizzavano questi tafoni erano di razza euro - africana. Salendo verso la cima ci si può soffermare ad ammirare i dolmen, tombe risalenti al periodo prenuragico; le più semplici sono formate da tre pietre conficcate a coltello nel terreno e da una che funge da copertura. Questi monumenti sono diffusi in tutto il bacino del mediterraneo e servivano non soltanto per un defunto, ma anche, con rito secondario (cioè dopo la scarnificazione del cadavere) per intere famiglie. Il portello presente sulla pietra frontale si pensa fosse il mezzo che permetteva ai defunti di comunicare con le divinità. Nessun dolmen del nostro territorio ha questa caratteristica. Continuando l'ascesa si raggiunge la vetta dove si possono osservare i ruderi di una costruzione megalitica di tipo nuragico. In lontananza si possono vedere Monte Acuto, Giolzia, il Monte degli Scheletri e, nella parte opposta, ad est, il monte Pedriscalas dove si trovano i resti di un'antichissima costruzione non ancora studiata. Al centro di una piccola valle, tra il verde dei lentischi e dei lecci si ergono le chiese campestri di Santa Caterina e Sant'Andrea. Quest' ultima risalente al 1660 e costruita quindi sotto dominazione spagnola è stata recentemente restaurata. La chiesa fu edificata nell'anno 1611, il tetto nell'anno 1635, le porte nell'anno 16 (....) Vicino alla chiesa, in località denominata Su adu 'e su juru, nascosti tra lecci e querce secolari, si trovano due dolmen: il primo è una tomba conservata perfettamente e circondata da grandi massi granitici. La parete destra è formata da due massi irregolari infissi a terra a coltello. Il lastrone che funge da copertura ha una forma tondeggiante ed è poggiato su tutti e tre i lati. Il secondo dolmen è una tomba scoperchiata di forma rettangolare formata da tre massi. La testata presenta una forma cilindrica. In tutto il territorio circostante si possono ammirare numerosi tafoni di granito chiusi da muretti a secco perfettamente conservati.

ITINERARIO GIALLO (Casteddu)

Dalla strada che porta al lago Coghinas si prende il bivio per Fioridas; dopo aver percorso circa un Km si imbocca un piccolo sentiero, a destra e lo si percorre a piedi per 500 m. sino ad entrare nella tenuta di Pietrino Crasta. Proprio in questa tanca durante i lavori di aratura è stata trovata una roccia molto importante; è un masso granitico chiamato dai proprietari del luogo Sa pedra iscritta, perché presenta segni artificiali. Su di essa sono state formulate due ipotesi: 1)può essere una pietra sacra perché vicino sono stati trovati frammenti di un 'anforetta votiva; 2) può essere una carta della zona; i segni tracciati indicherebbero i limiti dei vari possedimenti. Proseguendo l'ascesa, alla nostra sinistra, a circa 150m dal roccione, si può osservare un pavimento in pietra, s'impedradu , è un'aia o alzola,utilizzata un tempo per la trebbiatura dell'orzo e del grano;ciò testimonia che tutto il territorio è stato abitato in epoche lontane da civiltà che praticavano l'agricoltura. Più avanti si possono ammirare grotte, piccoli anfratti naturali e protetti da muretti a secco: i tafoni usati come abitazioni o come sepoltura. In tutti ci sono tracce di una civiltà lontana: anse di vasi in terracotta, pezzi di macine, cocci di vario genere e schegge di ossidiana. Continuando la salita verso le mura del castello, nascosto fra cisti, lecci e lentischi si erge un maestoso dolmen. La tomba è formata da tre massi granitici conficcati nel terreno e da uno che funge da copertura. Quest'ultimo è stato spezzato in due forse da un fulmine. Durante gli scavi del 1994 sono stati trovati: cocci, ossa e la metà di un piatto di terracotta con incisioni della cultura di S. Michele di Ozieri. La tomba è esposta a sud-ovest. A breve distanza c'è un bellissimo menhir, pietra legata alle funzioni religiose della civiltà nuragica e diffuse in tutta l'area del mediterraneo. Dopo una lunga salita si possono ammirare i resti delle cinte murarie del castello, cinte megalitiche di cui alcune di origine nuragica. Il posto conserva ancora una grande bellezza e si erge su una vasta pianura bagnata dal fiume Silvani e un tempo attraversata dalla strada romana che collegava Olbia con Cagliari, Porto Torres e Tempio. Il Castello di Monte Acuto fu edificato, probabilmente nell'XI sec. Utilizzando le strutture dei periodi precedenti: quelle preistoriche, romane o quelle del primo periodo medioevale. Attraverso la lettura di decine di documenti che ci sono pervenuti, sappiamo che la fortificazione fu utilizzata come difesa del territorio dai giudici di Torres nei confronti del confinante giudicato di Gallura. Nella seconda metà del XIII sec. Fece parte dei possedimenti pisani, arborensi, genovesi ed infine catalani. Dovevano fa parte del castello alcuni ambienti ospitali. Vi risiedette la regina Adelasia, diversi esponenti della nobiltà logudorese e personaggi ecclesiastici. Un documento del 1355 fu scritto nell'aula del palazzo del Castello. Di tanti ambienti carichi di storia e di mistero rimane oggi solo la cisterna che costituiva la base della torre. Una scritta all'interno della cisterna (ano 1635) ci riporta al periodo della dominazione spagnola.

ITINERARIO VERDE (Monte Limbara)

Si esce dal paese dalla via Monte Acuto e si prende la strada che porta al Monte Limbara. Dopo aver percorso circa quattro chilometri s'imbocca il cancello del demanio forestale e si entra in un territorio di rara bellezza ricco di lecci, pini, querce, arbusti profumati, fonti e ruscelli. Se si è giunti in auto è preferibile lasciarla all'ingresso e proseguire a piedi per poter apprezzare profondamente tutto il fascino incontaminato del paesaggio coi suoi colori e i suoi profumi. Numerosi e facili da percorrere sono i sentieri e le strade che si aprono davanti ai visitatori: tutti offrono spettacoli suggestivi ed indimenticabili. Moltissime sono le specie di erbe medicinali ed aromatiche che crescono in questo ampio territorio abitato da cinghiali, martore, pernici, lepri, sparvieri, picchi, astori. Dopo una lunghissima assenza sono riapparse anche le aquile reali che i visitatori più fortunati possono ammirare in volo tra gli imponenti massi granitici modellati dal tempo. Il sito denominato Nunzia, presso S'Eritti offre uno spettacolo ormai consueto: cervi, daini e mufloni che vivono in un'area protetta di 60ha. È possibile ammirare questi esemplari al mattino e al pomeriggio quando si riuniscono per consumare i pasti. A pochi metri si trova un laghetto artificiale circondato da arbusti e fiori di diverse specie abilmente coltivati. Continuando sulla stessa strada possiamo scegliere diverse mete tutte di uguale bellezza e di notevole importanza naturalistica.

 


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